vineri, 30 noiembrie 2007

Lettera al popolo italiano... RELOADED

Scrisoarea Dianei se pare ca a avut un impact major in randul italienilor, dar mai ales in randul romanilor. Unii dintre ei, romani, mi-au cerut traducerea la textul respectiv si cum de la prima cerere, cea a lui Vlad, si pana ieri cand un al nshpemielea "Anonim" mi-a cerut si el traducerea pentru "Lettera al popolo italiano..." am tot amanat chestia asta revin astazi cu traducerea respectiva si cu scuzele de rigoare pentru intarzaiere.
Dar sa trecem la treaba :


Epistola catre un vechi imperiu
Cu aer nostalgic, imi revin in minte pagini din cartile de istorie in care gaseam atribute ale unui profil psiho social al romanilor. Intr-o viziune un pic romantica, eram reprezentati ca un popor pasnic, cu un acut spirit de intampinare a aproapelui. Ne reflectam intr-o dimensione care trimitea –ca urmare a unei structuri innascute ori vicisitudini istorice, ori amandoua- catre un mod “impaciuitor” de a fi in lume.
Romanii erau acel mic popor “brav si darz” pe care Train il afla atunci cand descinde in Dacia si pe care o latinizeaza sub numele de Dacia Felix (Dacia Fericita). Dacia s-a “pierdut” apoi de Imperiul Roman in negurile istoriei, cand « fericirea » sa a intrat sub incidenta altor imperii…
Romanii erau acel mic popor docil, deseori conditionat in decizii, cu o identitate imprecisa in “judecata universala” a popoarelor, care il facea deseori nici alb, nici negru, nici bun, nici rau, oricum niciodata extremist.
Romanii erau acel mic popor “slav”, in realitate unica tara est europeana cu radacini latine, care a infruntat abil vremuri maligne, fiind treptat latinizat, otomanizat, austro-ungarizat, rusificat.
Romanii erau acel mic popor tern care nu a dus nicicand razboie de cucerire, iar agresivitatea se isca doar atunci cand neatarnarea sa, mereu precara, era amenintata.
Romanii erau acel mic popor “atarnat”, apasat de timpuri, constrans la mari adaptari, pana la punctul de a face sa rasara neasteptat din amortire, fulgeratoare figuri in cultura universala.
Romanii erau acel popor “usor” care din cand in cand imprima gandul universal cu cate o “intreprindere” istorica neasteptata implinita sub numele unui Eliade, Cioran, Brancusi, Ionesco, Vuia, Palade, Comaneci.
Ne gasim azi in fata unui timp care nu mai solicita “glorii”. Ne gasim in fata unei Europe obosite, batrane, care isi mai cauta un suflu viguros cu tarzii migrari de popoare… in care romani si rromi migreaza, inclusiv in “virtutea” unei confuzii etimologice, sub identitati la fel de confundate… unde acte civile si necivilizate se confunda unul cu altul dincolo de identitatea nationala si care ne indigneaza oricum pe toti.
Mahniti, noi, nepoti ai acestui batran continent, ne distantam de o imagine distorsionata asupra trecutului, pasajului nostru intr-o Europa comuna spre care unii dintre (mai mult ori mai putin) conationalii nostri sunt “rau auspiciosi mesageri”.
Fapte antisociale, criminale, primitive maladii sociale, care nu pot reprezenta oricum un popor…
Ceea ce am vrea sa transmitem poporului italian este o afirmatie de solidaritate si o amintire a ceea ce poporul roman “biografic” era, mai este inca pe pamanturile sale si anume:
Romanii sunt acel mic popor, nepot al Imperiului Roman care a dezvoltat o limba si o cultura cu adanci temelii de civilizatie europeana.
Romanii se “intorc” a fi, cu probabil prima “migratie” din istorie, oameni umili ce muncesc, ce ofera batranilor si copiilor acestei tari atenta asistenta, intr-o vreme in care grija pentru celalalt este nevoie sa fie invatata si cultivata in facultati de psihologie pentru a fi redata societatii.
Romanii construiesc case si mor intr-un numar impresionant in anonimat alaturi de alti imigranti care desfasoara aceasta meserie.
Romanii reprezinta acea mica si traditionala biserica ortodoxa care aminteste si multumeste in fiecare rugaciune duminicala primitorul(ui) popor italian.
Romanii sunt acel mic popor care a ramas acasa, dar si cel ce se va intoarce acasa, ducand si aducand cu ei amprenta unei civilizatii care ne-a fost intotdeauna comuna, intrucat europei am fost intotdeauna prin istorie si ganduri.
In acest sens, o intalnire solidara a romanilor –care se dezic de acte contrare valorilor umane ale lor, ale oricarui colectiv uman – va avea loc joi, 8 noiembrie la rele 19 pe Insula Tiberina din Roma in prezenta unor personalitati ecleziastice, pentru o rugaciune in solidaritate italo-romana.
Diana Milos.

Missi…va per un antico impero…
Nostalgicamente, mi ritornano in mente pagine di libri di storia nelle quali trovavamo elencati “elementi di un profilo psico-sociale” del popolo romeno. In una visione forse un po’ romantica, venivamo rappresentati come un popolo pacifico, con un forte spirito di accoglienza verso l’altro. Ci rispecchiavamo in una dimensione che rimandava a un modo pacato di essere al mondo.
I romeni erano posteri di quel piccolo popolo “bravo e coraggioso” che Traiano trova quando discende in Dacia e la rinomina latinizzandola, Dacia Felix (Dacia Felice). Poi, la Dacia e l’ Impero Romano si sono “persi” uno dall’altro nelle insidie dei tempi, quando la “ricerca della felicità” (felicitas) è entrata nelle dominanze di altri imperi della storia…

I romeni erano quel piccolo popolo docile, spesso nella storia pieghevolmente remissivo, con una identità imprecisa nel “giudizio universale” dei popoli, che lo faceva a volte essere né bianco né nero, né buono né cattivo, ma comunque, mai estremista.
I romeni erano quel piccolo popolo “slavo”, in realtà unico paese est europeo con radici latine, che tante volte ha costeggiato abilmente tempi maligni essendo via via, latinizzato, ottomanizzato, austro-ungarizzato, sovietizzato.
I romeni erano quel piccolo popolo tenue che guerre di conquiste non ne ha mai fatte, e l’aggressione scattava solo quando la sua libertà, sempre precaria, era in pericolo.
I romeni erano quel piccolo popolo costretto a grandi adattamenti, al punto di far sorgere inaspettatamente dalla confusione, fulgide figure di cultura universale.
I romeni erano quel popolo“leggero” che ogni tanto con agile slancio incideva sul pensiero universale con qualche “impresa” storica imprevedibile compiuta da nomi illustri quali Eliade, Cioran, Brancusi, Ionesco, Babes, Vuia, Palade, Comaneci.
Ci troviamo adesso davanti alle mura del tempo che non è più “glorioso”, ma “politically correct”. Ci troviamo davanti ad una Europa stanca, anziana, che ripropone come ancestrale cicliche migrazioni di popoli… dove romeni e zingari (rom), in virtù di una confusione etimologica vengono tante volte ingiustamente scambiati l’uno per l’altro… dove atti incivili e di civiltà vengono scambiati l’uno per l’altro a prescindere dall’identità nazionale e che ci sconvolgono comunque tutti.
Con rammarico, noi, nipoti mai dispersi di quest’antica Europa, ci distacchiamo da un’immagine distorta della nostra storia, del nostro passato, del nostro passaggio in un’Europa comune della quale alcuni dei nostri più o meno connazionali sono “malaugurati messaggeri”.
Fatti antisociali, criminali, primitive malattie sociali, che comunque noi sappiamo che non possono rappresentare un popolo…
In quanto ospiti di quest’Europa, siamo rammaricati davanti ad atti sconcertanti che vincono sopra il valore della vita e della pacifica convivenza…
Quello che vorremmo trasmettere agli italiani è una affermazione di solidarietà, e un ricordo di quello che il popolo romeno “biograficamente” era, di quello che nelle SUE terre è ancora… e cioè:
I romeni sono quel popolo, “nipote” dell Impero Romano che ha sviluppato la sua storia lingua e cultura su un modello latino e su radici di civiltà profondamente europee.
I romeni, ritornano ad essere con umiltà gente che lavora, che offre agli anziani e ai bambini del paese ospite attenta assistenza -in un tempo quando la cura per il prossimo è una “facoltà” insegnata nelle università di psicologia per poter essere “ridata” alla società.
I romeni costruiscono case e muoiono in numero impressionante e in anonimato accanto ad altri immigrati che svolgono il lavoro edilizio.
I romeni sono quella piccola e tradizionale chiesa ortodossa che ricorda e ringrazia in ogni preghiera domenicale l’accogliente popolo italiano.
I romeni sono quel popolo che è rimasto a casa ma anche quello che ritornerà a casa, portando con sé l’impronta di una civiltà che ci è sempre stata comune, perché europei siamo sempre stati nella storia e nei pensieri.
In sostegno a ciò, un incontro solidale dei romeni -che si discostano da atti contro i loro valori, contro valori di qualsiasi collettivo umano- avrà luogo giovedì, 8 novembre alle ore 19 sull’ Isola Tiberina in presenza di personalità ecclesiastiche italiane e romene, per una preghiera in solidarietà.
Diana Milos."


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